AVVENTURA IN COREA DEL NORD

Testo di Marco Mondino e foto di Piero Bosco

Siamo partiti da Milano/Roma il 7 settembre per raggiungere Vladivostok (8 ore di fuso orario in più dell’Italia), il punto di inizio comune del viaggio, con una tappa intermedia a Mosca (1 ora di fuso orario in più dell’Italia) dove Diego, Cesarino, Enzo, Sandra e Marco hanno incontrato Massimo e Pietro, provenienti da Roma.

Grande attesa e curiosità, in tutti, per la prospettiva di visitare uno dei paesi più sconosciuti e controversi nell’ambito del panorama politico sociale internazionale e meno aperti al turismo.

Arrivati il giorno seguente, poco dopo mezzogiorno, dopo un lungo volo notturno, a Vladivostok, abbiamo fatto una breve visita al centro, soprattutto via Aleutskaya, via Svetlanskaya e piazza Combattenti della Rivoluzione, con l’importante stazione ferroviaria (capolinea orientale della Transiberiana)ed il bel Zolotoy (Golden) Bridge sul Corno d’Oro. Alle 19, il “Gruppo Vacanze Corea del Nord” viene completato con Maria Rosa e Bruno, Lidia e Giuliana, provenienti da Petropavlovsk, al termine dalla visita della penisola della Kamchakta. Cena al ristorante Brothers and Grill e notte all’hotel Zhemchuzhina di Vladivostok.

Interessante il centro di Vladivostok (600.000 abitanti), città fondata nel 1859 e diventata il più importante porto della costa russa del Pacifico e, dal 1903, capolinea della ferrovia russa Transiberiana (9289 km da Mosca). Le sue principali attività economico- industriali sono il trasporto marittimo, la pesca ( che occupa i quattro quinti dell’attività commerciale della città) e la base marittima. Ha dato i natali, tra gli altri, all’attore Yul Brynner (1920-1985).

A metà giornata, del giorno 9, siamo partiti in volo diretti a Pyongyang, la capitale della Corea del Nord (1,5 ore di fuso orario in meno di Vladivostok, 6,5 ore in più dell’Italia), proprio il giorno della Festa Nazionale dell’Indipendenza, che celebra la nascita ufficiale della Corea del Nord, il 9 settembre del 1948. All’arrivo, ci hanno accompagnati, in bus, al parco Moranbong, frequentato, nel giorno della festa nazionale, da moltissima gente intenta, perlopiù, a consumare un picnic, a scattare foto in costume tradizionale o in abito da sposa/o, o a ballare a suon di musica tradizionale o moderna. Poi abbiamo assistito, in un palazzetto, ad uno spettacolo di destrezza circense ed infine, di fronte all’entrata di una grande palestra, abbiamo assistito ad una delle famose danze di massa. Cena e notte all’hotel Yanggakdo International, sull’isola di Yanggak, sul fiume Taedong, a Pyongyang.

In Corea del Nord, 10 giorni di “isolamento telefonico”, salvo brevi contatti in prossimità dei confini con Cina e Russia (come sul Monte Paektu): internet non è praticamente mai disponibile, non esiste roaming con compagnie telefoniche straniere e le schede telefoniche nazionali sono carissime. Fin dal primo impatto con la capitale, subito i primi segnali di quelle contraddizioni che, sebbene a priori non precisamente definibili, ci si aspetta di trovare in terra nordcoreana: un grande aeroporto “per pochi intimi”, sia passeggeri che aerei; tre “guide” ed un autista per accogliere un gruppo di 13 persone; dettagliate istruzioni sul comportamento da tenere al cospetto delle enormi statue di bronzo raffiguranti i leaders che, dall’indipendenza, hanno retto il Paese; pochissime auto sulle vie lunghe ed ampie; molte biciclette. La Repubblica Popolare Democratica di Corea, più comunemente Corea del Nord, occupa la parte settentrionale della penisola di Corea, bagnata ad ovest dal mar Giallo e ad est dal mar Giapponese; a nord confina con la Cina e, per un breve tratto, con la Russia, mentre a sud confina, per mezzo della zona demilitarizzata, con la Corea del Sud. Lo stato, socialista con sistema economico pianificato, è caratterizzato da alcuni indici decisamente negativi, quali il livello del rispetto dei diritti umani (uno dei più bassi al mondo) e della corruzione percepita (al secondo posto al mondo). Nel 37 a.C. si rese indipendente dalla Cina il regno di Goguryeo, uno dei tre Regni di Corea, oltre a Baekie e Silla, che occupava la parte centro-settentrionale della penisola coreana e la parte centro-meridionale della Manciuria; successivamente, il regno di Silla, conquistato, nel 668 d.C., il regno di Goguryeo, unificò i tre regni, ma, nel 936, fu sostituito da colui che, nel 918, aveva fondato la dinastia Goryeo, detta anche Koryo, dinastia che, con capitale Kaesong, regnò fino al 1392, quando, indebolita dalle invasioni mongole, fu rimpiazzata dalla dinastia Joseon. Il nome Corea si fa derivare da Goryeo che, a sua volta, è un’abbreviazione di Goguryeo. Nel 1910 la Corea fu annessa all’Impero del Giappone, fino al 1945, quando, alla fine della II Guerra Mondiale, fu divisa in due zone, lungo il 38° parallelo, occupate dai Sovietici, a nord, e dagli americani, a sud. Nel 1948, falliti i negoziati di riunificazione, furono creati due governi separati, quello della Repubblica Popolare Democratica di Corea, a nord, e quello della Repubblica di Corea, a sud. Nel 1950 scoppiò la cosiddetta Guerra di Corea che portò, nel 1953, ad un cessate il fuoco, tuttora vigente (non è mai stata firmata una pace formale). Nel 1991 entrambe le Nazioni sono entrate a far parte dell’ONU. Tra il 1994 ed il 1998, la Corea del Nord ha sofferto una grave carestia che procurato la morte di 240.000 (o 3.5 milioni, a seconda delle fonti) di coreani. Dal 2006 la Corea del Nord è diventata una potenza nucleare ed oggi, con oltre 1.1 ML di militari attivi e oltre 8,5 ML di riservisti, possiede il 4° esercito più grande al mondo, dopo Cina, Stati Uniti ed India.

Diradatasi la nebbia che circondava l’hotel, il mattino del 10 settembre, siamo partiti per la visita della città di Pyongyang, iniziando dal Parco delle Fontane, di fronte alla Grande Biblioteca, per continuare con il Grande Monumento Mansudae, con le statue erette ai due grandi leaders Kim Il Sung (nel 1972) e Kim Jong Il (nel 2012); a seguire abbiamo visitato il Museo della Guerra, non lontano, dedicato soprattutto a quella contro gli Stati Uniti del 1950-53 e, a conclusione della mattinata, la Grande Biblioteca, contenente 30 milioni di libri. Dopo il pranzo, al ristorante Festival di Pyongyang, abbiamo visitato, nel villaggio di Mangyongdae, vicino a Pyongyang, la casa natale (1912) di Kim Il sung, dove egli ha vissuto fino all’età di 14 anni. Al ritorno a Pyongyang, abbiamo fatto un breve viaggio sulla metropolitana, una delle più profonde del mondo (oltre 100 mt), visitando le monumentali stazioni di Ricostruzione, Gloriosa e Trionfo. Poi abbiamo visitato una fabbrica di ricamo, proprio sotto il gigantesco hotel Ryugyong, ed una scuola media superiore per alunni meritevoli in materie scientifiche. Al termine della giornata abbiamo visitato la torre Juche, dove non è stato possibile salire (ascensore rotto), con un breve spettacolo di canti e musica che si stava tenendo alla base, seguita dal monumento dedicato al Partito del Lavoro di Corea e dal vicino Museo della Cultura. Cena (al Ristorante Occidental 1) e notte all’hotel Yanggakdo International.

Iniziata la visita a Pyongyang con un “omaggio” al culto della personalità per i “grandi leaders” della Corea del Nord: il Grande Leader Compagno Kim Il sung (1912-94), il Grande Leader Compagno Kim Jong Il (1941/42-2011) ed il Rispettato Maresciallo Compagno Kim Jong Un(1984-); di fronte alle loro rappresentazioni ufficiali (statue o pitture) è necessario tenere un protocollo prestabilito ed un comportamento adeguato: vestire in modo decoroso,togliere occhiali scuri, evitare di masticare gomme, lasciare da parte borse e zainetti, evitare foto parziali, di fianco o di spalle dei personaggi; inoltre, prima di accedere alla/a statua/e la guida depone un mazzo di fiori ed il gruppo si deve allineare per fare, al comando della guida, un profondo inchino: questo cerimoniale si è svolto ben 3 volte, nella mattinata: al Grande Monumento Mansudae (in prima assoluta), di fronte alla Statua della Libertà (al Museo della Guerra) e nel salone d’ingresso del Museo della Guerra. Stesso cerimoniale di fronte alle statue dei leaders presenti nelle città nordcoreane visitate successivamente. Ufficialmente non esiste una data di morte di Kim Il sung, in quanto il “Presidente Eterno” non è considerato morto, ma solo asceso in cielo; inoltre, tutte le volte che la guida citava uno dei tre leader,s sempre anteponeva, al nome, i titoli “Grande Leader Compagno…..” o “ Rispettato Maresciallo Compagno……”. La città di Pyongyang (più di 3 ML di abitanti) fu fondata, secondo la leggenda, nel 2334 a.C., ma deve la sua importanza all’invasione delle truppe sovietiche del 1945, in seguito alla quale divenne, nel 1948, la capitale provvisoria della Repubblica Democratica Popolare di Corea il cui governo progettava di riconquistare la capitale ufficiale, Seul. Fu gravemente danneggiata durante la Guerra di Corea (1950-53) a seguito sia dell’occupazione delle truppe di Seul, nel 1950, che dei pesanti bombardamenti delle truppe dell’ONU, nel 1952. Fu ricostruita alla fine della guerra grazie, soprattutto agli aiuti sovietici. Il Juche è l’ideologia ufficiale e sistema politico della Corea del Nord, che, originata da un discorso di Kim Il sung del 1955, identifica la popolazione nordcoreana come artefice dello sviluppo della nazione, anche alla ricerca dell’indipendenza dalle superpotenze: l’uomo è il padrone di ogni cosa e decide ogni cosa. In linea con il Juche, il popolo nordcoreano, di ideologia comunista, è suddiviso in tre classi sociali: contadini, lavoratori e samuwon (intellettuali e lavoratori professionisti), dove ogni settore ha la stessa importanza. L’ideologia, detta anche kimilsungismo-kimjongilismo, è descritta dagli avversari come totalitaria e stalinista. Nella Corea del Nord, accanto al calendario Gregoriano esiste il “calendario Juche” secondo cui l’anno 1 sarebbe il 1912, anno di nascita di Kim Il sung; questo viaggio si starebbe svolgendo quindi nel Juche 105 – (2016).

Domenica 11 siamo partiti al mattino presto per raggiungere Kaesong e la zona smilitarizzata, percorrendo un’autostrada quasi deserta e dal fondo molto sconnesso (anche se asfaltato); giunti alla meta, abbiamo visitato le strutture (aperte ai turisti) del villaggio di Panmunjom e della zona smilitarizzata nordcoreana. Al termine, siamo tornati a Kaesong per visitare, dopo il pranzo al ristorante Bang Sang Gi, il Museo Koryo, con il Songgyungwan, la più antica università confuciana, fondata nel 992, proseguendo con il Sonjuk, un piccolo ponte del 1216, ed il Monumento alla Lealtà, rappresentata da due steli del 1740 e del 1826, della dinastia Ri. Prima di tornare nella capitale, abbiamo visitato, a più di 10 km da Kaesong, la Tomba del Re Kongmin, detta anche, più propriamente, Tomba Reale Hyonjongrung,. Ritorno a Pyongyang e cena (al Ristorante Nazionale) e notte all’hotel Yanggakdo International.

La divisione tra le due Coree, tracciata nel 1945 in corrispondenza del 38° parallelo, produsse un repentino aumento della tensione che sfociò nella Guerra di Corea del 1950-53, al termine della quale fu creata, ai due lati del confine originario, la zona smilitarizzata, una zona-cuscinetto lunga 248 km e larga 4 km. L’armistizio del 1953 fu firmato nel villaggio di Panmunjom, sul confine tra le due Coree, all’altezza di Seul e Kaesong. La zona smilitarizzata, uno dei punti più militarizzati e di maggior tensione al mondo (Seul è a pochi km dalla frontiera), è diventata, tra Kaesong e Seul, un centro focale nell’organizzazione turistica delle due Coree. Una delle maggiori sorprese del viaggio è stata proprio la notevole presenza di turisti, soprattutto nell’hotel di Pyongyang e nella zona smilitarizzata, i due poli turistici principali, della Corea del Nord, nati probabilmente per poter concentrare i turisti ed esercitare un maggior controllo. Il flusso turistico proviene principalmente dalla Cina, con numerosi “occidentali” (Europei, Australiani e Canadesi); anche gli Statunitensi sono accettati. Durante tutto il tour (soprattutto a nord) siamo stati sempre affiancati da almeno una delle nostre 3 “guide”, anche in caso di “malaugurata” idea di allontanarsi singolarmente; forse proprio per evitare questo, gli alberghi sono stati scelti a prova di “fughe” notturne: su un’isola (a Pyongyang), in periferia, con strada senza illuminazione (a Chong Jin), su una collina isolata (a Rason) o in un resort isolato (al homestay di Sea Chilbo).

Al mattino, lunedì 12 settembre, salutati Maria Rosa e Bruno (il promotore del viaggio) che ritornavano, in anticipo, in Italia per motivi di salute, abbiamo preso un volo charter Air Koryo verso Samjiyon, nel nord della paese. All’arrivo, ci siamo diretti, in minibus, verso il monte Paektu, la vetta più elevata della penisola (2744 mt.), condivisa con la Cina, e luogo sacro legato alla rivoluzione coreana; dopo una camminata di un’oretta, abbiamo raggiunto il bordo del vecchio cratere, all’interno del quale faceva bella mostra il lago Paradiso. Ridiscesi di un centinaio di metri, al piazzale dei bus, e consumato un fresco e rapido pranzo-picnic, siamo ripartiti verso l’hotel, facendo sosta al Grande Monumento Samjiyon, con la statua di Kim II-sung che, a 20 anni, aveva percorso queste strade per combattere contro i Giapponesi, e poi alle cascate di Rimyongsu. Barbeque di patate e cena e notte all’hotel Pegaebong a Samjiyon.

Durante l’atterraggio, sotto di noi, fitti boschi soprattutto di conifere ( pini, larici, abeti e ginepri), ma anche querce e betulle, che in alcuni casi mostravano evidenti segnali di malattia. Ma se, rispetto a Pyongyang, cambia sensibilmente l’aspetto della natura, non cambiano usi e costumi e le regole e proibizioni appaiono più ristrette (o le guide più esigenti): il solito omaggio/rispetto per i grandi leaders e le solite regole fotografiche, un po’ più drastiche, dal momento che non si può fotografare dall’autobus, ma solamente quando l’autobus è fermo per una visita. La temperatura, nella zona settentrionale della Corea del Nord, è sensibilmente più frizzante ed il clima, come si avrà modo di sperimentare anche nei giorni successivi, è più umido e piovoso, con rapidi cambiamenti, soprattutto verso il peggio.

Martedì 13, dopo una colazione a base di …. patate, siamo partiti, ancora con un volo charter Air Koryo, alla volta di Orang, aeroporto di Chongjin. Incorporate altre tre guide (locali), siamo partiti alla volta del monte Chilbo (la Montagna dei 7 Tesori); lungo la strada, sterrata, moltissime persone (uomini, donne, ragazzini/e) stavano riparando con la terra, trasportata con carrettini trainati da un bue, le buche create da una terribile inondazione di qualche giorno prima, che aveva procurato oltre un centinaio di morti. Pranzo picnic sotto il padiglione Sungson, uno dei vari punti di osservazione, sparsi sulle pendici del monte, alcuni dei quali abbiamo successivamente visitato, dopo al tempio buddhista Kaesim. A sera, cena presso il ristorante del homestay di Sea Chilbo e notte nella casa “privata” di una famiglia locale.

Due esempi di deroghe alle regole di regime: il tempio buddhista Kaesim e le famiglie del Sea Chilbo Homestay. Per quanto riguarda la religione, la Corea del Nord, secondo la prassi dei paesi marxisti-leninisti, pratica l’ateismo di stato, sebbene la costituzione del 1998 preveda la libertà di religione. La maggior parte della popolazione nordcoreana, come quella sudcoreana, è buddhista e confuciana, retaggio di una radicata eredità religiosa; movimenti cristiani legati alla Chiesa Cattolica ed a quella ortodossa russa si stanno affacciando recentemente, mentre è decisamente osteggiato il protestantesimo, messo in relazione con gli Stati Uniti. A Pyongyang, centro della cristianità nordcoreana prima della guerra di Corea, rimangono solamente due chiese cristiane, rette dallo stato, che non fugano i dubbi sulla effettiva libertà di culto. Secondo l’opinione di un ministro sudcoreano, la lealtà alla famiglia Kim ed il culto della personalità imporrebbe il “presidente eterno” Kim Il-sung, il “caro leader” Kim Jong-il e suo figlio Kim Jong-un come uniche forme di divinità ammesse nel Paese; chi professasse una religione o venisse trovato in possesso di materiale religioso sarebbe considerato come “ostile” e, di fatto, bandito dalla vita pubblica del Paese. In quanto all’iniziativa imprenditoriale privata, questa, secondo la legge è ancora proibita, ma pare siano ammesse forme di aggirare il divieto: le impresa devono essere registrate come azienda dello Stato, ma, per il resto, possono essere gestite con le modalità dell’imprenditoria privata; secondo gli esperti tra il 30 e il 50 per cento dell’economia nordcoreana sta adottando questi criteri …. “privati”. Per quanto riguarda il settore immobiliare, tutte le case sono formalmente dello Stato, ma i “diritti di residenza” sono diventati veri e propri “diritti di proprietà” e gli alloggi vengono comprati e venduti con questi “diritti” tanto che alcune case di lusso vengono a costare fino a 200 mila dollari (da sottolineare, per confronto, che gli stipendi settimanali medi delle famiglie sono compresi in media tra i 15 e i 25 dollari circa). Anche nell’agricoltura si assiste ad un tentativo di favorire la libera iniziativa: i campi rimangono di proprietà dello Stato, ma vengono dati in gestione ai coltivatori che possono trattenere una frazione del raccolto (tra il 30 e il 70 per cento) partecipando, così, in un certo senso, alla suddivisione degli “utili”. Nonostante queste concessioni, la Corea del Nord rimane un paese estremamente povero, con un reddito medio, a mo’ di esempio, 15 volte inferiore a quello della Corea del Sud.

Dopo aver salutato il primo gruppo di guide, ritornato a Pyongyang, il 14 settembre siamo ripartiti per una seconda visita al monte Chilbo, diretti alla volta di una zona chiamata Manmulsang. Poi, ritornati sulla costa del mar del Giappone, abbiamo proseguito verso nord, con una prima fermata, per un breve picnic, al padiglione Ymbunjin; abbiamo quindi ripreso il viaggio verso nord fino a Kyongsong per visitare il Museo della Rivoluzione, la casa che, nel 1947, ospitò per un brevissimo tempo Kim Il-sung e famiglia. Abbiamo proseguito poi per Chongjin dove abbiamo visitato una Biblioteca Elettronica, poi abbiamo assistito ad uno show di bambini (4-6 anni) di un asilo, ed infine abbiamo visitato una scuola di studi linguistici. Cena e notte (senza acqua calda) al Lodge per Stranieri di Chongjin.

Ancora natura e boschi, paradiso degli amanti della raccolta dei funghi, presenti in gran quantità ed in moltissime speci, compresi i porcini ed i gallinacci (finferli). Ma la parte settentrionale della Corea del Nord rappresenta anche, per i Nordcoreani, una preziosa testimonianza dei movimenti di Kim Il sung, il “presidente eterno”, durante la lotta per l’indipendenza coreana, lungo quei sentieri e quelle strade che avevano costruito i Giapponesi durante il loro dominio. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, la zona fu teatro dello scontro sino-giapponese, legato all’egemonia sulla penisola coreana; nel 1894 la Cina intervenne a seguito della rivolta contro la dinastia coreana Joseon, corrotta ed oppressiva, scatenando l’intervento del Giappone che, un anno dopo, vincendo la guerra, pose fine al protettorato cinese sulla Corea. L’influenza giapponese, fino ad allora positiva per lo sviluppo coreano, fu messa in pericolo all’inizio del XX secolo, a seguito sella guerra russo-giapponese (1904-05), al termine della quale, però, la Russia, sconfitta, accettò che la Corea diventasse protettorato giapponese; intorno al 1910 la Corea divenne provincia Giapponese e le sue libertà furono drasticamente ridotte. Nel 1919, dopo una violenta sommossa antigiapponese, stroncata in modo molto sanguinoso, si formò a Shangai un governo coreano in esilio, che nel 1941 dichiarò guerra al Giappone. Kim Il sung, esiliato nel 1920, con la famiglia, in Cina, si unì alla guerriglia anti-giapponese nella Cina del nord e quando, nel 1941, la guerriglia cinese fu sconfitta dai giapponesi, fuggì in Russia, dove divenne capitano dell’Armata Rossa, ritornando in patria nel 1945, alla fine della guerra per dare inizio alla sua carriera politica.

La giornata di giovedì 15, dedicata alla città di Chongjin, inizia con la visita di una fabbrica di dolci e liquori, compresa, al termine del percorso, una breve rappresentazione del coro degli impiegati (molto premiato nelle gare con altri gruppi aziendali); a seguire, abbiamo visitato una azienda produttrice di funghi (a partire dalle spore). Pranzo al ristorante del Lodge per Stranieri di Chonjin, seguito da una dimostrazione, dal vivo, di come si prepara il Kimchi, un piatto molto popolare in Corea del Nord. Dopo pranzo, dopo una prima tappa nella piazza principale per un omaggio alle statue dei due leaders, abbiamo visitato una galleria d’arte alla quale ha fatto seguito la Torre della Liberazione (monumento ai Martiri Russi che, nel 1945, liberarono la città), con possibilità di vedere, dall’alto, la città ed il porto. Cena, in centro città, al Seaman Club e notte (senza acqua calda) al Lodge per Stranieri di Chonjin.

Visita alla terza città più grande della Corea del Nord (oltre 650.000 abitanti) con una grande acciaieria costruita nel 1930 dai Giapponesi; l’hotel destinato agli stranieri, a due stelle, era situato nella periferia della città ed era momentaneamente sprovvisto di acqua calda. Al nord del paese il culto per i leaders appare ancora più profondo e radicato, tanto che a Chongjin, passando di fronte alle statue dei grandi leaders, l’autista del bus rallenta fino a passo d’uomo e le persone scendono dalla bicicletta e proseguono a piedi; inoltre non si possono scattare fotografie alle statue da dietro o di fianco o da troppo lontano (c’è il rischio che rimangono un po’ sfuocate). A proposito delle foto, le regole da rispettare diventano ancora più strette, dal momento che lungo tutto il percorso diventa ormai proibito (anche se, per un po’, tollerato) fotografare dal bus; in generale non si può fotografare ciò che, secondo l’idea della guida, sminuisce il decoro della Corea del Nord.

Siamo ripartiti verso nord, raggiungendo, verso mezzogiorno del 16 settembre, il confine con la “zona economica a statuto speciale”, attorno a Rason. Pranzo al ristorante dell’Ufficio Turistico di Rason, poi, visita di Rason: un centro commerciale (che chiudeva poco dopo, per una manifestazione di celebrazione degli esperimenti nucleari effettuati dalla Corea del Nord di qualche settimana prima), poi una mostra di quadri, un negozio di libri ed infine un parco acquatico (probabilmente il Hae’an Rajin Beach Park), quasi al buio e praticamente vuoto. Cena al ristorante dell’Indostadium e notte all’hotel Dongmyongsun, a Rason.

Per entrare nella “zona economica a statuto speciale”, poco prima di Rason, è necessario superare un punto di controllo, dove è richiesto un documento di ingresso per il quale sono necessarie due foto-tessera, dove un militare, salito sul bus, ha controllato alcune macchine fotografiche, cancellando qualche fotografia. La zona economica a statuto speciale è stata creata dal Governo nordcoreano nei primi anni ’90 per favorire lo sviluppo economico attraverso gli investimenti stranieri, sulla falsariga di zone simili create dalla Repubblica Popolare Cinese. La zona (746 kmq a ridosso dei confini con Russia e Cina, delimitati da un recinto elettrificato di 56 km) consente ai due paesi confinanti di utilizzare un porto, quello di Rason, libero dai ghiacci durante tutto l’anno: non a caso Russia e Cina, oltre alla Mongolia (ancora agli inizi) sono i maggiori investitori. Importante attività della zona è il trasporto (via nave) del carbone proveniente (via ferrovia) dalla Russia verso la zona meridionale della Corea del Nord; anche la Cina usa il porto per trasportare carbone verso altre città cinesi, riducendo così le pesanti tasse imposte sul trasporto via terra. Nella zona è consentito l’uso di valuta straniera e, per quanto riguarda i turisti, è possibile (unico posto, in Corea del Nord) cambiare ufficialmente, in banca, la moneta coreana (won). A proposito di denaro, in Corea del Nord, unico paese, forse, al mondo, al di fuori dell’area euro, sono accettati, nei negozi frequentati da turisti, le euro-monete, privilegio che non è concesso né ai dollari né agli yuan cinesi.

Sabato 17 giornata dedicata a Rason e dintorni, iniziando dalla visita ad un negozio di souvenirs; a seguire, abbiamo reso l’ormai abituale omaggio al monumento ai due grandi leaders, poi ci siamo trasferiti all’isola Pipha, attorno alla quale vive, in libertà, un gruppo di foche. Siamo poi tornati a Rason per il pranzo al ristorante dell’Agenzia del Turismo. Nel pomeriggio, dopo un caffè in un “pub” nel centro, abbiamo dedicato un’oretta al centro commerciale visto ieri, di sfuggita, anche per procurarci eventuali provviste per il viaggio in treno previsto il giorno dopo. Abbiamo poi assistito ad un saggio di musica e danza di bambini di un asilo infantile, terminando poi la giornata con la visita, dall’esterno, ad una (!) casa di un villaggio di pescatori. Cena e notte all’hotel Dongmyongsun, a Rason.

Nei pressi dell’isola Pipha (il nome di un antico strumento musicale al quale l’isola assomiglia), c’è un’altra eccezione alle dure regole del marxismo-leninismo nordcoreano, il Casinò (l’unico, secondo la guida, consentito in Corea del Nord), in grado di attrarre parecchi turisti dalla Cina, dove gli unici Casinò si trovano a Macao. A proposito di turisti, l’anno scorso, nella zona di Rason, sono stati, in totale, 30.000, in gran parte cinesi. Infine, un’altra puntata della saga del culto ai grandi leaders: a Rason prima di rendere omaggio con il rituale inchino, ci siamo allineati, salendo poi, tutti insieme allineati, per una rampa, parallelamente agli scalini.

Percorrendo l’ultimo tratto di avvicinamento al confine russo-coreano, domenica 18 settembre, abbiamo fatto tappe intermedie sul lago Manpo, importante dal punto di vista naturalistico (birdlife), alla casa dell’amicizia russo-coreana (eretta a ricordo di alcuni incontri di Kim Il sung con importanti personalità russe) ed il Yong Son Pavillon (dal quale si gode di un ampia vista lungo i confini tra Corea del Nord, Russia e Cina). Alle 12.45 siamo arrivati alla stazione ferroviaria di Tumangang, abilitata anche come dogana; dopo due ore e mezza trascorse in attesa che iniziassero le formalità doganali ed i controlli di confine (piuttosto rapidi), siamo partiti, alle 15.10, verso Kashan, sul treno Pyongyang (???????) – Mosca (??????). Dopo 10 minuti, appena passato il ponte dell’amicizia, prima fermata a Kashan, in territorio russo per il controllo dei passaporti. In Russia 1,5 ore in più di fuso orario rispetto la Corea del Nord ed 8 ore in più rispetto all’Italia.

Ultimi paesaggi nordcoreani, caratterizzati dal fiume Tumen e dalle linee invisibili di confine con Cina e Russia che proprio qui convergono in un unico punto; ultime ansie del viaggio in attesa dei controlli di dogana, all’uscita dalla Corea del Nord, che, alla fine, sono risultati snelli e veloci, limitati solamente ai passaporti. Il convoglio, della linea Pyongyang-Mosca, era formato da un locomotore ed una carrozza cuccette (strette), entrambi delle ferrovie russe; dalla stazione coreana di Tumangang, dopo meno di 10 minuti si attraversa il ponte dell’amicizia russo-coreana e si entra in territorio russo a Kashan.

Lunedì 19, dopo che il convoglio Pyongyang-Mosca è stato collegato, a Ussurijsk, al convoglio principale proveniente da Vladivostok abbiamo trascorso la prima metà della giornata in viaggio lungo la Transiberiana fino alla città di Khabarovsk, dove siamo giunti a mezzogiorno, con 10 minuti di ritardo (in tutto abbiamo impiegato 19,5 ore per percorrere 910 km alla media di 47 km/h). Nel pomeriggio visita al centro di Khabarovsk, soprattutto lungo la via Karl Marx, che diventa, dopo la piazza Lenin , via Muravyeva-Amurskogo, poi lungo le vie Turgheniev e Lenin. La sera, cena al ristorante ukraino Kabachok e notte all’hotel Olympic a Khabarovsk.

La Transiberiana è la linea ferroviaria (9289 km, la più lunga del mondo) che collega Mosca con Vladivostok. Fu inaugurata ufficialmente nel 1891, vicino a Vladivostok, alla presenza dello zar Nicola, ma i lavori della Grande Via Siberiana terminarono nel 1901, con il collegamento alla ferrovia cinese orientale; l’opera fu realizzata ad una media di 970 km/anno, con una forza lavoro che raggiunse, all’apice, i 90.000 uomini, molti dei quali condannati ai lavori forzati. In migliaia morirono per le terribili condizioni di lavoro. Il tragitto completo fu realizzato nel 1916 con l’abilitazione del ponte sul fiume Amur, dopo che, nel 1905, era stata completatala bretella a sud del lago Baikal (che prima si attraversava con un traghetto). Dal 2002 la linea è completamente elettrificata. Attualmente attraverso la Transiberiana giungono in Europa circa 20.000 container/anno (di cui 8300 dal Giappone), che la Russia intende incrementare fino a 100.000 all’anno. Lungo la sua corsa (in media 1 settimana) attraverso 7 fusi orari, la Transiberiana si ferma in quasi 1000 stazioni, nelle quali gli orologi rispettano il fuso orario di Mosca. L’imprenditore belga Nagelmackers (1845-1905), quello dei Wagon-lits e dell’Orient Express, organizzò il servizio di treni di lusso con Carrozze Letti della Transiberiana. La zona dove oggi sorge la città di Khabarovsk era, fin dal XII secolo, parte della Cina Imperiale; nel 1858 tutta l’area fu ceduta alla Russia che le diede l’attuale nome in onore di un esploratore della zona; l’insediamento crebbe rapidamente tanto che nel 1880 divenne “città” e all’inizio del XX secolo era uno dei principali centri dell’Estremo Oriente russo, tanto che dal 1926 al 1938 ne divenne la capitale. Nel 1941 Khabarovsk ha dato i natali a Kim Jong il, grande leader della Corea del Nord dal 1994 al 2011. Oggi la città (quasi 600.000 abitanti), seconda, nell’estremo oriente russo, solo a Vladivostok, è un importante centro industriale, commerciale e culturale.

Dopo un’ultima passeggiata a Khabarovsk, nei pressi dell’hotel, in vicinanza del quale, ironia della sorte, si trovava il Consolato Nordcoreano, siamo partiti, maretdì 20 settembre dopo le 13, per Mosca e di qui, abbiamo preso il volo verso Milano, dove siamo arrivati in tarda serata dopo una giornata molto lunga e faticosa, durata 32 ore!